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“MILLE ANNI DI MAGIA”: UNA CONSIDERAZIONE FINALE

(di Secondo Amalfitano)

Si è chiusa ieri una Magia durata cinquanta giorni. Centrati gli obiettivi prefissati: promuovere il monumento, divulgare la storia di Villa Rufolo e Ravello, coinvolgere il tessuto sociale e scolastico locale in un processo virtuoso e innovativo di crescita culturale, offrire agli ospiti della Costiera un evento unico ed irripetibile.

Circa 800 giovani e giovanissimi da Vietri a Positano hanno assaporato un modo nuovo di fare cultura e formazione. Un risultato insperato. Il variegato turismo della Costiera ha impattato una realtà sorprendente: dal Messico all’Australia, dal Giappone agli USA, Brasiliani e Argentini, Israeliani e Turchi, si sono uniti a Italiani ed Europei nel percorso di Magia. Gli aggettivi e le espressioni al termine del tour, dopo pochi giorni erano già “entusiasticamente monotoni”: meraviglioso, unico, spettacolare, incredibile, da non perdere, quelli fissi; leggermente diversi: “un eventone” e “i soldi meglio spesi in Costa d’Amalfi”.

Cinquanta serate che hanno visto i tecnici straordinari della “Laser Entertainment” e giovani ravellesi dello staff della Fondazione Ravello, fondersi in una sola “squadra” tutta protesa ad accogliere, guidare e coccolare gli ospiti con professionalità e garbo, a cogliere le loro emozioni e i loro commenti; tanti gli appalusi spontanei al termine dei vari quadri e in specie il finale. Su tutti l’abile e sapiente regia organizzativa di Giuditta Torre, sempre attenta a sostituire una radioguida, a spiegare, suggerire; Emilia Filocamo, con puntualità e continuità quasi da stalker, tutte le sere ha colto immagini e dichiarazioni del variegato pubblico, offrendo oggi a chiunque la possibilità di averne contezza attraverso la visione delle interviste pubblicate sulla pagina facebook di Villa Rufolo; in chiusura ci ha regalato una sintesi delle emozioni provate in questi cinquanta giorni, che volentieri riportiamo di seguito.

Allorquando la Fondazione Ravello sottoscrisse l’accordo di gestione di Villa Rufolo con il MiBACT, accettò la condizione che una percentuale sugli incassi dovesse essere utilizzata per la valorizzazione del monumento. Oggi ancora più degli anni precedenti, posso affermare che non poteva esserci evento migliore di Mille anni di magia’; centinaia di Ravellesi grazie a questo evento hanno visto per la prima volta Villa Rufolo o vi hanno fatto ritorno dopo decine di anni; il mondo della scuola dell’intera Costiera oggi ha un argomento di studio per approfondire la storia della nostra terra e soprattutto la sua identità. Basterebbe questo a farci legittimamente ritenere soddisfatti, ma altre considerazioni positive ci spingono a dire che la strada è quella giusta.

Per tutto ciò un grazie di cuore a quanti hanno permesso e realizzato la MAGIA.

 

“Signori, prego… si comincia… da questa parte”
di Emilia Filocamo

Il passaggio delle stagioni semina indizi, dettagli: sono foglie, sono circostanze, colori, brividi o colpi di afa. Le stagioni scandiscono il tempo e ne sono scandite, variante naturale di una clessidra perenne e, salvo capricci, piuttosto precisa. Dalle facciate, ultimo, incredibile e sensazionale quadro di ‘Villa Rufolo Mille Anni di Magia’ terza edizione, il vocio dei turisti, poco alla volta affievolitosi, le luci dell’albergo Rufolo improvvisamente mute, la vetrata del ristorante, a picco sulla parte rinata della villa, come una trasparente prua rotta infinito, buia e silenziosa, sono stati l’indizio più fulminante e d’impatto del passare dei giorni, dei mesi, del tempo. Sedici settembre, 4 novembre 2017. Di tutta questa edizione, fatta di passi, sorpresa, giochi e talento, storia e racconto, e ancora di lingue diverse, composta Babele poco alla volta rimpicciolitasi, restano dettagli inconfondibili ed emozioni genuine, autentiche, oneste. Quelle dei bambini. Di quelli che erano spaventati, che al crollo delle Torre hanno pianto o addirittura, in un caso assolutamente esilarante, indietreggiando, sono caduti, di quelli che hanno urlato per lo stupore, o si sono stretti al collo dei genitori, inerpicati sulle spalle di mamma o papà per superare le teste adulte, quelle che si incantano più lentamente, filtrando l’emozione con la ragione e l’età, ma senza sfuggire alla magia. Bambini che hanno danzato in mezzo ai laser, cercando di catturare fra le mani la luce, bambini che si sono avvicinati alla fontana luminosa, Cerbero di acqua multicolore ed a tempo di musica, quelli che chiedevano dove fosse “la principessa”, se dopo la torre, nei giardini, o giù fra le scale che portavano alle facciate. Perché, si sa, in tutte le favole ci sono sempre il mago cattivo e la principessa da salvare, da ricongiungere al principe amato, da far baciare, svegliare o liberare. Nella girandola di fiori, tra le memorie di Reid e di Escher, dopo Lorenzo e la famiglia Rufolo, dopo l’intarsio luminoso, il tetris tutto effetti ottici dell’architetturale del chiostro, dopo Wagner e la dadolata di massi che colpisce il vuoto e rigurgita edere e buganvillea, tutti hanno trovato qualcosa, ne sono sicura. E non è stata la stessa per tutti. Dagli adulti ai piccini, dai tanti turisti entrati per caso, entrati di corsa, con le cuffie per la traduzione in tempo o fuori tempo, con la tipica domanda “is it scaring?”, “fa paura?”, tutti hanno lasciato e preso qualcosa. Un’emozione, una stretta proprio sotto lo sterno, più su della pancia, qualcosa che spinge a voltarsi indietro, a guardare il Belvedere, a cercare di capire come un fascio arcobaleno sputato da teste di drago nere piazzate con sapiente camouflage fra i giardini, possa diventare storia, racconto e voglia di tornare, desiderio insopprimibile di stringersi a chi ci accompagna in un viaggio di 40 minuti che copre ben mille anni. Non credo esista una parola più bella di magia, forse incanto rende ugualmente bene quello che questi due mesi sono stati, due mesi in cui perfino il cielo, salvo qualche eccezione, ha voluto che il volto di Lorenzo Rufolo, spuntato dalla prima scena in abiti medievali, poi in frac sulla torre e poi quasi dandy nella geometrica ragnatela dei giardini, fosse a riparo dalla pioggia e dal freddo, quello serio, quello che di questi tempi dovrebbe far capire che l’estate è ormai davvero andata. Nonostante poi dalle facciate, il laser show aprisse ad una nuova promessa, proiettando il palco che è ormai sinonimo di Ravello, la palizzata reggi note e sogno che fa di Villa Rufolo una piramide mediterranea dai mille segreti e dalle mille leggende. Finisce qui l’incanto, almeno per ora. Si spengono le luci, risucchiati fumo e laser, taciuti i racconti, spenti proiettori e cuffie. Si va verso l’inverno. E quando tutto sarà davvero buio, di sera, a sera inoltrata, sotto la pioggia o con il vorticoso ruggito della tramontana, qualcosa mugolerà o si aggirerà fra le aiuole e le facciate, giù per le scale, sui poggi vista infinito: lo spirito e la passione di un luogo unico al mondo, un abracadabra che non si spezza, per il quale non valgono il rintocco di mezzanotte ed una carrozza che torna zucca. Una pozione seminata dal cancello ai giardini: qualcosa che sapevano prima di noi e che continuerà a vivere e ad incantare. “Signori, prego…si comincia…da questa parte”

 

 

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