“Esempio raro di come valorizzare e mantenere in splendida forma uno dei gioielli del nostro patrimonio artistico. Se ci aggiungete la cortesia e la disponibilità del personale volontario che vi accompagna avrete di fronte un’inaspettata e piacevolissima scoperta”.
E ancora “Molto cortese, cordiale e disponibile, tutto il personale addetto nell’intrattenere con spiegazioni dettagliate i quasi 1000 anni di vita di questo edificio. Per gli “affamati” di storia e cultura, questo è uno dei posti da visitare della Costiera Amalfitana”.
E se non bastasse “Pur se in inverno, le guide incontrate lungo il percorso sono state tutte molto disponibili e cordiali, dandoci indicazioni storiche e logistiche sulla Villa e Ravello in generale. Viste e panorami spettacolari”.
Queste sono solo alcune delle centinaia di recensioni lasciate sul web da alcuni dei visitatori che negli ultimi due anni hanno visitato Villa Rufolo e che hanno come protagonisti i nostri “giovanissimi” angeli custodi.
Il periodo temporale non è scelto a caso infatti, tra qualche settimana, spegnerà le sue prime due candeline il progetto di cittadinanza attiva #ReidRavello promosso da Fondazione Ravello e Comune di Ravello finanziato da Jti Italia.
Il progetto, nato per rispondere alla duplice funzione di offrire ai ravellesi in età non lavorativa la possibilità di sentirsi ancora utili e apprezzati e per ritrovare una motivazione esistenziale, unendo alla funzione sociale una rigenerazione psicofisica, e la possibilità di incontro e interscambio, è andato oltre ogni più rosea aspettativa.
Il progetto ideato dalla Direzione del monumento simbolo di Ravello, sin dal nome, voleva rifarsi a quella filosofia di vita e all’opera appassionata di Sir Francis Nevile Reid, esperto d’arte, botanico, proprietario di Villa Rufolo e soprattutto benefattore sincero e integrato della comunità ravellese, che già nell’800 era stato precursore di quello che sarebbe stato il welfare aziendale.
Come tutte le novità, anche questa iniziativa ha dovuto superare un periodo di iniziale scetticismo che una volta passato ha restituito al paese una delle iniziative di inclusione sociale e partecipazione più riuscite degli ultimi anni.
Ad oggi sono 17 gli “angeli” ravellesi volontari che si alternano in Villa Rufolo accogliendo i turisti, vivendo la quotidianità di uno dei monumenti più visitati d’Italia, interloquendo con persone che vengono da ogni angolo del mondo, presidiando alcuni spazi che probabilmente, senza di loro, resterebbero chiusi.
In due anni sono tanti gli aneddoti che hanno visto protagonisti i nostri “angeli” che spesso e volentieri sono balzati agli onori delle cronache non solo per la gentilezza, la cortesia e la disponibilità ma anche per la loro prontezza, onestà e intraprendenza: ancora vivo il ricordo del 29 luglio 2017 quando uno dei volontari ritrovò un prezioso borsello che conteneva, tra l’altro, circa 7.000 € restituito al legittimo proprietario, un facoltoso costruttore newyorkese, in vacanza in uno degli hotel stellati di Ravello. Ma al di là dei gesti e della gesta, più o meno grandi, quello che stupisce più di ogni altra cosa è l’amore e la passione con le quali questi ravellesi, giorno dopo giorno, vivono questa esperienza di vita.
Scherzando, ma forse nemmeno più di tanto, Nino, uno dei più loquaci e attenti dei volontari, abituato ad aver a che fare con le persone ammette che “passare delle ore in Villa Rufolo è come incontrare il mondo”. Le sale superiori sono un po’ la sua seconda casa e da quella casa, specialmente in primavera, non si può non restare ammaliati. Il ruolo di Cicerone di Nino è confermato da Aldo, reduce da uno shooting fotografico ad una bella ragazza ucraina “La gente è contenta di averci tra i piedi” – scherza e sul suo ruolo di fotografo – “è incredibile il numero di fotografie che vengono scattate… è la tecnologia! Volevo vedere se c’erano ancora i rullini!”. E sull’esperienza che sta vivendo “Anche se a casa ho da fare, passare 2, 3 ore in Villa per me è diventata una bella abitudine”. L’altro Aldo, con la sua barba da bohemien, conferma “È un’esperienza che mi appassiona. Anche alla mia età dal contatto con le persone si imparano cose nuove. Peccato non conoscere una lingua straniera, ma anche per quello ci stiamo attrezzando”. Chi invece di lingue ne conosce diverse e bene, è Gorizia forte della sua pluriennale esperienza all’ufficio informazioni della locale Azienda di Soggiorno e turismo “all’inizio sono timidi nel chiedere indicazioni, poi restano sorpresi e si sciolgono in fiumi di domande sulla villa e su Ravello in generale; la sorpresa è ancora maggiore se ti capita di dover assistere il medico dell’emergenza chiamato per il malore di una signora tedesca, mi sembrava il medico quello più felice di avere qualcuno che gli traduceva domande e risposte sui vari sintomi. E poi ci sono le signore, Rosa, Bianca, Matilde, Annalisa, che dispensano consigli e hanno un soluzione per tutto. È Antonietta ad offrirci una riflessione su questo progetto che fa un po’ la sintesi del loro pensiero “all’inizio poteva sembrare una perdita di tempo ma devo dire che non lo è affatto. È un’esperienza intensa e gratificante e mi auguro che la facciano quante più persone è possibile. Dove potremmo vivere uno scambio continuo come quello che viviamo qui in Villa Rufolo?”
Ma come è nato, il perché e che futuro avrà questo progetto lo spiega il direttore di Villa Rufolo, Secondo Amalfitano, suo ideatore e primo sostenitore.
Direttore, come è nato #ReidRavello?
L’impatto con Sir Francis Nevile Reid è stato per me abbastanza traumatico nel senso che avendone solo una conoscenza superficiale, allorquando ho iniziato ad approfondire il suo pensiero e le sue attività, ho subito un vero e proprio scossone dovuto alla statura di questo personaggio. Posso dire, in estrema sintesi, oggi Ravello senza Reid racconterebbe tutta un’altra storia.
Quali sono i meriti maggiori di questo straordinario personaggio?
Grazie a Reid oggi Ravello può vantare uno dei monumenti più visitati e meglio conservati d’Italia. Senza Reid non ci sarebbe mai stata la scoperta da parte di Richard Wagner del ‘magico giardino di Klingsor’; senza quella scoperta oggi non avremmo il Ravello Festival e Ravello, di sicuro, non sarebbe Città della Musica. Altro suo grande merito è stato quello di praticare, nel 1800, la responsabilità sociale d’impresa entrata poi a far parte quasi del DNA della nostra società.
Quindi questo progetto nasce per rendere merito a questo nostro illustre concittadino?
#ReidRavello non è un progetto celebrativo ma un vero e proprio progetto che mira a perpetrare la presenza di questo grande personaggio al quale dobbiamo molto.
Abbiamo già scritto della validità e dell’ottima ricaduta del progetto. Quali sono gli aspetti che ritiene più importanti come ricaduta sul tessuto sociale ed economico ravellese?
Sono diversi ma mi piace sottolinearne due: non ha prezzo verificare che attraverso il progetto siamo riusciti a dare a diversi nostri concittadini uno scopo di vita molto forte. L’altro aspetto, la cui portata sfugge ai più, è che con la presenza di questi ‘angeli custodi’ garantiamo ai turisti la sopravvivenza di uno dei pochi luoghi, se non l’unico, dove il mondo può impattare ‘l’identità ravellese’. Oramai alberghi, ristoranti, attività commerciali, vedono sempre più coinvolti maestranze non ravellesi per cui è forte il rischio di una globalizzazione invasiva.
Che futuro avrà questo progetto?
Per quanto mi riguarda è un progetto senza una fine. Con il 2018 esauriremo la sponsorizzazione di Jti Italia ma la valenza dell’iniziativa è talmente alta da giustificare l’utilizzo di una briciola degli incassi di Villa Rufolo.