IL FESTIVAL E LA VILLA
Il palco del Belvedere di Villa Rufolo. Storia di un’idea geniale
Un centinaio di sedie, non di più. Tutte collocate, qua e là, tra i giardini e le fontane di Villa Rufolo. O a ridosso di quel palco, che di poco rialzato dal selciato, ospitava le prime orchestre che fecero di Ravello la “Città della Musica”. È solo uno dei ricordi sbiaditi di quegli anni Cinquanta: un fotogramma in bianco e nero in cui compaiono eleganti dame e uomini rigorosamente in abiti da grandi occasioni. Parte da qui, da quest’immagine, il lungo solco tracciato a Ravello nei pomeriggi d’estate e culminato da circa un decennio ormai nel poliedrico Festival organizzato dalla Fondazione Ravello. Un percorso lungo 65 anni. Un percorso colmo di eventi e mutamenti e in cui solo la musica, in formato “en plein air”, non ha subito variazioni. Come del resto l’inossidabile location di Villa Rufolo, resa oggi più bella e più incantevole che mai. Tutto il resto, invece si. A cominciare dal palco: prima interno ai giardini, poi proteso verso quell’estremo limite del blu a mezza strada tra il mare e il cielo della Costiera. Oggi, è un elemento distintivo che con la sua audacia, a strapiombo su giardini digradanti verso la costa, trasmette suggestione e incanto. Una struttura monumentale che di anno in anno ha subito importanti trasformazioni e non solo per soddisfare al meglio le esigenze del grande pubblico del Ravello Festival.
Da qualche anno non più squadrato come in passato, il palcoscenico ricalca l’intuizione che Niemeyer ebbe per Ravello. E così, quella linea curva che contraddistingue l’auditorium, è l’elemento distintivo anche del nuovo teatro di Villa Rufolo. Un palcoscenico unico che affascina e rapisce sia gli spettatori che gli artisti che lo calcano. E se il “fil rouge” col passato è rappresentato proprio da quelle melodie sospinte per un arcano mistero fino ai giorni nostri, l’elemento di discontinuità è invece nella struttura che ospita gli eventi. Quanti mutamenti per quel palco, quante suggestioni in oltre cinquant’anni di storia! A cominciare dal 18 giugno 1953, giorno del primo concerto organizzato in Villa Rufolo, in occasione del settantesimo anniversario della morte di Richard Wagner. In quella circostanza, ad esibirsi fu l’orchestra del Teatro di San Carlo diretta da Hermann Scherchen. Da quella data e fino al 1955, i musicisti venivano sistemati direttamente nei giardini della villa quasi a confondersi con il pubblico. Il successo dell’iniziativa, che poi si connoterà come “Concerti Wagneriani”, impose agli organizzatori di trovare una soluzione alla crescente richiesta di posti a sedere. Da questa necessità nacque l’idea geniale di Paolo Caruso che ancora oggi lascia tutti senza fiato: costruire un palco a sbalzo sul mare per ospitare i soli musicisti e adibire i giardini esclusivamente a platea per gli spettatori. Semplice e geniale! Da quel giorno di circa 60 anni fa, il palco del Belvedere di Villa Rufolo ha subito notevoli miglioramenti divenendo un’opera d’arte esso stesso.
Ecco qualche numero: è posto a circa 340 metri sul livello del mare, è largo 22 metri e profondo 14 su uno strapiombo di ben 15 metri, è costruito con oltre 400 quintali di materiale completamente fuori dal parapetto dei giardini della Villa. La platea così, riesce ad accogliere circa 700 spettatori.
Storia, cultura, musica, un’idea geniale e il fascino di paese incantato, tutto questo è Ravello.
Il Ravello Festival, nella sua attuale configurazione, deriva da una serie di iniziative precedenti che ne fanno uno dei più antichi festival italiani. Va riconosciuto a Girolamo Bottiglieri e a Paolo Caruso l’ideazione dell’evento culturale che più di ogni altro avrebbe contribuito a costruire l’identità di Ravello come “Città della musica”. L’associazione del nome di Wagner alla Villa Rufolo, resa splendida e accogliente dal filantropo scozzese Francis Neville Reid, era troppo allettante per non suggerire l’idea di realizzare concerti in un sito benedetto personalmente dal grande compositore. Per questo motivo, negli anni Trenta, l’orchestra del Teatro di San Carlo vi si esibì più di una volta, con programmi legati appunto a Wagner. A uno di questi concerti presenziarono anche i Principi di Piemonte, e Ravello ricambiò l’onore della loro visita dedicando alla Principessa il belvedere che attualmente separa l’albergo Sasso dall’albergo Palumbo. L’idea rimase nell’aria, così che Paolo Caruso la ripropose, venti anni dopo, aggiungendovi l’ardita soluzione logistica di un palco sospeso nel vuoto. L’iniziativa prese corpo grazie all’impegno dell’Ente Provinciale per il Turismo, allora diretto da Girolamo Bottiglieri e, nell’estate del 1953, in occasione del settantesimo anniversario della morte di Wagner, i “Concerti wagneriani nel giardino di Klingsor” (come diceva testualmente la copertina del programma di sala) presero avvio con due serate affidate all’Orchestra del Teatro di San Carlo diretta da Hermann Scherchen e William Steinberg. Per anni Wagner è rimasto nume tutelare del festival e tuttora un’attenzione particolare viene devotamente riservata alle sue musiche.
Nel corso di mezzo secolo, sul palco arditamente proteso verso il mare, si sono alternate eccellenti orchestre (Staatskapelle di Dresda, Münchner Philharmoniker, Royal Philharmonic, London Symphony Orchestra, complessi del Teatro Kirov di Leningrado e della Gewandhaus di Lipsia, Orchestra Nazionale della Rai, Orchestra del Maggio Musicale, Orchestre National de France, Filarmonica di San Pietroburgo, Orchestra Giovanile di Caracas); noti complessi da camera (la Chamber Orchestra of Europe, la Camerata Academica del Mozarteum di Salisburgo, il Trio di Trieste, il Quartetto Italiano); illustri direttori (Ashkenazy, Barbirolli, Barenboim, Chung, Davis, Frühbeck de Burgos, Gergiev, Järvi, Maazel, von Matacic, Mehta, Pappano, Penderecki, Prêtre, Semkow, Sinopoli, Spivakov, Tate, Temirkanov e Tilson-Thomas); importanti solisti (Argerich, Asciolla, Canino, Cassado, Ciccolini, Glass, Kempff, Lindbergh, Lupu, Pogorelich, Rampal, Repin, Rostropovich, Ughi, Weissenberg); famosi jazzisti (Bollani, Caine, Hancock, Marsalis); prestigiosi cantanti lirici (Behrens, Christoff, Cura, Domingo, Jerusalem, Meier, Raimondi, Salminen, Urmana) e pop (Noa, Ranieri, Toquinho); celebri compositori (Battistelli, Nyman, Sciarrino); danzatori e coreografi di successo (Bejart, Bill T. Jones, Bolle, Ferri, Martha Graham Dance Company, Petit); attori e registi di fama mondiale (John Malkovich, Margarethe von Trotta, Abbas Kiarostami, Fernando Meirelles, Dino Risi, Toni Servillo, Valeria Golino, Mario Martone, Palmer).
Ogni anno, puntualmente, i musicofili si accalorano sulla legittimità dei concerti all’aperto, punteggiati da suoni e rumori estranei alla musica. Ma, per i concerti di Villa Rufolo, vince il godimento complessivo dell’udito e della vista, dove l’imperfezione dell’uno è ampiamente compensata dalla magnificenza dell’altra. Come ha notato delicatamente Gore Vidal, “spesso, quando l’orchestra suona Wagner, la luna piena si alza dalle montagne i cui contorni ricordano un drago con la testa dolcemente reclinata sulla spiaggia, verso est, mentre gli uccellini di Ravello, musicalmente bene istruiti dopo tutti questi anni, fanno il contrappunto dall’alto dei pini scuri”.